Giorgio Pighi, Sindaco di Modena e Presidente dell’associazione, lancia le sette proposte del Forum italiano per la sicurezza urbana in materia di sovraffollamento delle carceri.

Le disposizioni che stanno per essere varate contro il sovraffollamento delle carceri hanno i requisiti di straordinaria urgenza voluti dalla Costituzione e sono da approvare subito ma sono evidentemente un intervento minimo, non una riforma e nemmeno una vera correzione di rotta per eliminare ritardi, diseguaglianze ed incongruenze da tempo denunciati nelle alternative alla detenzione.

Siamo ancora lontani da novità capaci di ripristinare con efficacia il principio di umanità e di rimuovere le condizioni degradanti secondo il richiamo della Corte europea dei Diritti dell’uomo. Si supera, è vero, un’ingiustizia, che comporta spesso problemi familiari e perdita del posto di lavoro evitando il passaggio dalla prigione chi ha già potenzialmente maturato in custodia cautelare le riduzioni di pena che gli spettano e che comunque deve essere immediatamente ammesso alle misure alternative, ma purtroppo ci riferiamo ad un numero limitatissimo di casi. Giusto che non entri in carcere chi deve espiare pene fino a quattro anni se può ottenere la detenzione domiciliare evitando un altro caso di porta girevole privo di senso. Importante che la persona caduta nella droga possa passare dagli arresti alla detenzione domiciliare quando la condanna diventa definitiva, senza che un insensato periodo dietro le sbarre interrompa gli sforzi fatti fino a quel punto per attuare programmi terapeutici sempre difficili ed insidiosi. Molto bene che l’affidamento in prova al servizio sociale e la detenzione domiciliare siano anticipati dal magistrato di sorveglianza prima della decisione definitiva del Tribunale, ed è importante, con alcune altre novità, la possibilità per il detenuto di lavorare gratuitamente all’esterno del carcere per progetti di volontariato. Purtroppo ci fermiamo qui.

Approvate queste norme si deve compiere il vero salto di qualità che richiede il coraggio di dire chiaramente al Paese che non si sceglie l’indulgenza ma l’innovazione, ben più impegnativa. Il cambiamento va orientato al recupero sociale ed alla valorizzazione della persona umana per intervenire con più coraggio e senza tentennamenti sui contenuti alternativi alla detenzione, affrontando con determinazione le cause dell’affollamento con nuove alternative, semplificazioni di procedure inutilmente appesantite dal susseguirsi di cambiamenti normativi.

In particolare bisogna:

1) eliminare la duplicazione, unificando il procedimento della sospensione delle pene fino a tre o quattro anni oggi previsto a richiesta del condannato per ottenere rispettivamente l’affidamento in prova o la detenzione domiciliare (art. 656 c.p.p.) con quello che disciplina l’applicazione  di detenzione domiciliare per le condanne fini ad un anno e sei mesi (legge 199/2010): va previsto un solo procedimento avviato d’ufficio dal pubblico ministero;
2) prevedere che tutte le decisioni su misure alternative prese prima che inizi l’esecuzione della pena siano di competenza monocratica del Magistrato e non del Tribunale di sorveglianza;
3) prevedere la possibilità di applicare la detenzione domiciliare con la sentenza di condanna e non in fase esecutiva (come pena principale o con sospensione della pena detentiva) in relazione all’entità della pena inflitta e non in base al quadro edittale della pena prevista;
4) prevedere che in alcuni casi le interdizioni (dai pubblici uffici, da professioni, dall’esercizio di attività) diventino pena principale e non pena accessoria, evitando di infliggere pene detentive inutili;
5) affiancare ad un ulteriore intervento di depenalizzazione la definizione di norme che rendano più efficaci le sanzioni amministrative, come premessa per ulteriori depenalizzazioni;
6) disciplinare le funzioni dei servizi sociali dei Comuni in relazione all’esecuzione delle misure alternative alla detenzione, prevedendo risorse che consentano di fornire supporto ai programmi di trattamento delle misure da applicare ed in esecuzione;
7) prevedere nuove modalità di affidamento in prova e di detenzione domiciliare lontano dalla residenza abituale per i reati commessi ai danni di persone conviventi o in conflitto col condannato e per coloro (tanti) che non possono uscire dal carcere per mancanza di alloggio.

L’impegno per rendere più civile e più umano il nostro sistema carcerario ed evitare i costi sociali di nuovi provvedimenti di clemenza passa attraverso riforme che siano capaci di tenere assieme la coerente articolazione del sistema con la salvaguardia delle esigenze di sicurezza dei cittadini.