Living together – rischi e raccomandazioni sul tema della convivenza civile nell’Europa multiculturale

Il Consiglio d’Europa è un’organizzazione internazionale, con sede a Strasburgo, che riunisce 47 paesi europei che condividono la missione di promuovere la democrazia e di proteggere i diritti umani e lo stato di diritto in Europa. Il rapporto “Living together 2011”, predisposto da un gruppo di personalità eminenti che rappresentano nove stati membri, pone l’attenzione sui rischi derivati dalla recente ondata di intolleranza e discriminazioni verso la diversità culturali (ad es. le popolazioni Rom) e i gruppi di migranti, ne identifica le radici e propone una serie di raccomandazioni per “vivere insieme” in una società aperta. Le proposte del Consiglio d’Europa riaffermano i principi della “Convenzione europea sui diritti dell’uomo”, in particolare le libertà individuali e l’uguaglianza al cospetto della legge.

Il rapporto afferma che le identità sono una scelta volontaria dell’individuo e che nessuno dovrebbe essere forzato ad accettare un’identità principale ad esclusione delle altre. Si auspica che le società europee abbraccino la diversità e accettino le identità ibride, ma si ritiene che questo possa funzionare solo se i residenti di lungo periodo sono considerati cittadini a tutti gli effetti, con diritto di espressione, a prescindere dalla propria fede, cultura o gruppo etnico di provenienza.

Il rapporto è strutturato su due sezioni: “le minacce” e “le risposte”.

Nella prima sezione gli autori individuano otto fattori di rischio specifici che confliggono con i valori del Consiglio d’Europa: intolleranza crescente; sostegno crescente ai partiti populisti e xenofobi; perdita delle libertà democratiche; discriminazione; presenza di popolazioni virtualmente prive di diritti; società parallele; estremismo islamico; uno scontro possibile tra la libertà religiosa e la libertà di espressione.

Si suggerisce che dietro questi fattori di rischio vi siano alcune radici: un senso di insicurezza derivante dalla crisi economica europea e dal senso di declino; le migrazioni internazionali; l’immagine distorta e gli stereotipi negativi sulle minoranze diffuse dai media; la mancanza di fiducia in leader politici che trasmettano una visione chiara sul destino dell’Europa.

Nella seconda parte del rapporto gli autori propongono alcune risposte a queste minacce attraverso 17 principi guida ed individuano gli attori principali in grado di influenzare i comportamenti sociali: educatori, mass media, sindacati, società civile, chiese e gruppi religiosi, città, istituzioni europee ed internazionali. Entro queste categorie sono stati scelti esempi virtuosi di cui vengono forniti ritratti sintetici.

Si segnala in particolare la scheda di approfondimento su Reggio Emilia tra gli esempi di città virtuose nella promozione dei diritti delle minoranza etniche e culturali alla partecipazione della vita sociale e politica cittadina.

Il rapporto, poi, si conclude con 59 proposte per l’azione, le prime 17 delle quali sono definite “raccomandazioni strategiche” rivolte principalmente all’Unione Europea e ai membri del Consiglio d’Europa.